"Ötzi" nel Museo Archeologico dell'Alto Adige
L'Uomo venuto dal ghiaccio è un importantissimo ritrovamento archeologico la cui esposizione pubblica contempla tuttavia delle problematiche etiche e può urtare le diverse sensibilità. La forma scelta dal museo per presentarlo è perciò del tutto riservata e discreta.
Le pareti completamente bianche evocano gli spazi di un paesaggio innevato. Grafica ed architettura non entrano in concorrenza con la mummia, collocata in un ambiente absidale appartato.
La mummia è visibile nella sua cella di refrigerazione solo attraverso una finestrina di 40 x 30 cm ed è il visitatore stesso che decide se soffermarvisi o meno.
Per evitare l'essiccamento della mummia, è necessario ricreare condizioni di conservazione le più vicine possibile a quelle all'interno di un ghiacciaio, cioè - 6° Celsius e umidità relativa che sfiora il 100%.
Per l'esposizione nel museo è stato sviluppato un apposito sistema di raffreddamento: una sorta di "box" composto da due celle frigorifere indipendenti, un laboratorio e una stanza di decontaminazione.
Tutti gli ambienti sono sterili, speciali filtri per l'aria garantiscono le condizioni di asetticità. Una serie di sensori trasmette alla stazione EDP i valori registrati (pressione, temperatura, umidità relativa, peso corporeo).
Contro le perdite di umidità viene spruzzata sul corpo mummificato acqua sterilizzata, favorendo così la formazione di un sottile strato di ghiaccio superficiale.
A differenza degli altri settori del museo, l'illuminazione del piano dedicato all'Uomo venuto dal ghiaccio è bassa e soffusa. Più che di un espediente scenografico, si tratta di una esigenza conservativa, in quanto i reperti esposti sono estremamente fotosensibili.
Il corredo dell'Uomo venuto dal ghiaccio è conservato sotto azoto in speciali vetrine climatizzate ad una temperatura di 18° Celsius. Ad illuminare i reperti provvedono delle lampade a fibre ottiche da 50 Lux.
Testo: Museo Archeologico dell'Alto Adige