Castagne
Un tesoro chiamato "castagna", detta anche la "carne" dei poveri. Le castagne hanno sfamato per secoli la gente di montagna.
Parlare di castagne, o marroni, in Alto Adige è come parlare dell'autunno, ma un autunno diverso da quello ritenuto per tradizione triste e decadente, stagione delle foglie che cadono e anticamera dell'inverno.
Piccole o grosse, più o meno dolci, chiare, arrostite o bollite, trasformate in zuppe o in ripieno per dolci, Krapfen in particolare, le castagne sono strettamente legate alla storia ed alla vita quotidiana, meglio ancora alla cultura del Vecchio Tirolo.
Vecchi documenti parlano del trapianto di piccoli boschi di castagne fin dal XIII secolo, nei pressi di Castel Tirolo. Sia il frutto che l'albero erano parte integrante della vita quotidiana dei contadini di montagna, fra i 400 ed i 1100 metri di quota.
Da una parte come alimento base estremamente nutriente, dall'altra come fornitore di verghe per legare le viti ai pergolati, ed ancora di legno per le botti e per i vigneti. Perfino i ricci ed il fogliame venivano utilizzati, i primi come combustibile e lettiera per i frutti raccolti, il secondo come concime.
I castagni erano parte integrante del patrimonio di un maso e la raccolta delle castagne era strettamente riservata al proprietario; ogni violazione veniva punita severamente, come testimoniano documenti risalenti all'età longobarda che parlano di multe e punizioni che potevano arrivare perfino alla mutilazione delle mani.
Nel libro giudiziario di Castelbello, in Val Venosta, si trova una registrazione risalente al 1532, della condanna al carcere di quattro donne per la raccolta abusiva di castagne; soltanto dopo la festa di Ognissanti era ammessa la raccolta libera ("Spigeln") delle castagne. Insomma, il valore di questo frutto era tale che quando un giovane contadino ereditava un maso, spesso faceva inserire una clausula che assicurava l'usufrutto del bosco di castagni alla madre a titolo di pensione.
È noto che anche i romani conoscevano benissimo le castagne, che disseccate, facevano parte delle salmerie dei legionari. Non è tuttavia ancora stato chiarito se una volta chiusa l'età romana la castagna sia sopravvissuta allo stato selvatico, almeno fino a quando, sotto l'influsso dei vicini longobardi, le popolazioni alpine riscoprirono il castagno e fecero trapianti ed innesti.
In età carolingia il frutto fu usato soprattutto nei monasteri: dato il suo contenuto altamente nutriente e calorico era molto utile nei periodi di digiuno; con le castagne mescolate a patate e fagioli si cucinava una minestra molto apprezzata detta "Fiselnsuppe".
Pare che fin dall'alto Medioevo le castagne fossero oggetto di commercio attraverso tutta l'Europa ed anche dal Sudtirolo i monaci inviavano botti di vino e sacchi pieni di marroni verso i Paesi d'Oltralpe, ma anche in loco le castagne occupavano un posto di primo piano nelle feste tradizionali, come lanno nuovo, Natale o i matrimoni.
Il mercato del 22 settembre ("Kuppelwiesermarkt") che si svolgeva a Lana segnava l'inizio della stagione delle castagne, la cui raccolta era affidata dai contadini soprattutto a signore anziane o nubili che potevano trattenersi una parte del raccolto come compenso assicurandosi una scorta per l'inverno.
L'importante ruolo svolto da questo frutto nella vita quotidiana è all'origine anche di varie tradizioni e simbologie, come ad esempio il riccio, divenuto simbolo della maternità. In alcune chiesette di montagna si possono vedere ancora oggi ex voto a forma di sfera in legno con aculei, come ringraziamento per la guarigione di malattie al basso ventre.
Anche ai nostri giorni le castagne con patate lesse cosparse di latte appena munto rappresentano una cena tradizionale per molte famiglie di contadini. E le castagnate, il cosiddetto "Törggelen", accompagnate con vino nuovo sono non solo un appuntamento obbligato per i sudtirolesi, ma anche un'attrazione per molti turisti che trascorrono una vacanza autunnale in Alto Adige.