Centro Culturale Trevi
Il Centro Culturale Claudio Trevi è ormai diventato punto di riferimento della vita culturale della città di Bolzano e non solo. Si trova in via Cappuccini, vicino a Piazza Verdi, a pochi passi da Piazza Domenicani e Piazza Walther e a 5 minuti a piedi dalla stazione ferroviaria FS. Proprio di fronte al Centro Trevi si trova il Giardino dei Cappuccini.
Il Centro culturale Claudio Trevi è stato destinato dalla Giunta provinciale alla promozione delle attività della ripartizione cultura italiana e delle associazioni culturali che ad essa fanno riferimento.
Gli spazi del Centro Culturale Trevi offrono ai cittadini molteplici occasioni di approccio alla cultura ed all'arte per approfondimenti costruttivi volti a favorire la crescita e la riflessione personali.
Nella sala al primo piano del Centro Trevi in uno spazio dedicato ci sono le opere che si alternano ciclicamente e sono introdotte da un percorso di approfondimento video su schermi HD di ultima generazione.
Nelle sue sale si alternano proposte di associazioni e iniziative degli uffici provinciali. Queste ultime sono organizzate secondo tre obiettivi: ampliare la conoscenza dell'Alto Adige, delle sue lingue e culture, avvicinare nuovi pubblici, specialmente i più giovani, allo spettacolo ed all'arte, indagare le più avanzate novità nella vita culturale.
Oltre alle esposizioni si tengono anche conferenze, convegni, proiezioni.
Il palazzo ospita al secondo piano due servizi rivolti direttamente al pubblico e alle associazioni:
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Il Centro Audiovisivi con il servizio di prestito di materiali audiovisivi.
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L'infopoint, uno spazio informativo sulle attività culturali nella provincia di Bolzano dotato di postazioni multimediali.
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Centro Multilingue con la biblioteca specialistica, il servizio di prestito ed il centro di certificazione per i diplomi di lingua con valore internazionale.
Centro Multilingue
Assistenza per l'apprendimento facilitato delle lingue, assistenza al patentino, supporto specifico per l'insegnamento delle lingue ai bambini, tutor madrelingua. Tanto materiale interessante ed aggiornato per l'apprendimento delle lingue.
CAB Centro Audiovisivi Bolzano
Prestito VHS e DVD, mediateca, sala montaggio, propedeutica per il linguaggio audiovisivo, recenti novità di cinema
Etruschi. Artisti e artigiani
Dal 24 ottobre 2024 al 2 febbraio 2025
Mostra promossa dalla Provincia autonoma di Bolzano in collaborazione e a cura del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia in Roma.
Il Centro Trevi-Trevilab offre l'opportunità, realmente straordinaria, di avvicinarsi all'affascinante, e per certi versi ancora misteriosa, cultura etrusca. Lo fa con la mostra "Etruschi. Artisti e artigiani" promossa dalla Provincia autonoma di Bolzano, Cultura italiana, grazie alla collaborazione del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, diretto da Luana Toniolo, museo che conserva la più importante raccolta di reperti etruschi al mondo.
La mostra, curata da Valentina Belfiore e Maria Paola Guidobaldi del team curatoriale del museo, rientra nella seconda tappa della rassegna "Storie dell'arte con i grandi musei", un percorso pluriennale volto alla scoperta delle grandi civiltà antiche e moderne.
Il titolo "Etruschi. Artisti e artigiani" già introduce al taglio peculiare dell'esposizione bolzanina: non è una mostra generica sugli Etruschi, ma è incentrata su un aspetto specifico della loro grande civiltà, quello della produzione artistica e artigianale.
Otto le sezioni della mostra. Il percorso inizia dalle opere più strettamente collegate al rito funerario, per proseguire con le produzioni artigianali tipicamente etrusche, e tra queste, i buccheri.
Un focus viene riservato a una particolare produzione di ceramica decorata con figure nere: si tratta di un tipo speciale di anfore di fattura greca, firmate da Nikosthenes e realizzate dal celebre ceramista greco appositamente per la migliore clientela etrusca.
La successiva sezione è rivolta ai nomi di artisti e artigiani etruschi che, come i loro "colleghi" greci, firmano le loro creazioni. In una società in cui il nome è tutto, ceramisti, architetti, bronzisti, coroplasti non solo creano e personalizzano opere per una clientela d'élite, ma intendono anche sottolineare il nome del titolare della produzione.
Accanto ai capolavori di celebrati maestri, riservati a pochi, in mostra anche esempi della produzione per una clientela più ampia, ma comunque d'eccellenza, per la quale vasellame da mensa in bronzo e tutto ciò che serve al banchetto o alla toeletta sono simbolica espressione di un sistema di valori condiviso.
La lavorazione del bronzo, in cui gli Etruschi seppero primeggiare, era applicata anche alla forgiatura e cesellatura delle armi, come si comprende da un raffinato esemplare di elmo etrusco-italico che, come anche altri elmi, poteva essere esibito come bottino di guerra.
Se la grande varietà e la raffinatezza dell'artigianato etrusco sono testimoniate per lo più dal rito funerario, non bisogna dimenticare l'eccellenza raggiunta dagli Etruschi nella sfera del sacro. A questo tema è dedicata l'ultima sezione della mostra. Vi si ammirano testimonianze di dediche, dalle lamine di Pyrgi, di straordinario valore, ai bronzetti votivi, alle offerte, agli strumenti per il culto e per l'esercizio di pratiche divinatorie. Il culto, quando da domestico diventava collettivo, trovava riferimento in templi e altari, sul modello greco e romano.
Gli Etruschi crearono una loro specifica architettura templare, descritta da Vitruvio. A documentarla in mostra è un'antefissa del tempio del Portonaccio a Veio dove, in un rutilare di colori, è raffigurata una caratteristica testa di satiro.
I reperti selezionati per questa originale esposizione sono accompagnati da ampi apparati illustrativi e contenuti multimediali e da una linea del tempo che consentono di inserire i singoli reperti nel più ampio contesto al quale erano in origine destinati e, al tempo stesso, di seguire l'evoluzione di una civiltà che ha segnato la storia della penisola e dell'Europa e che come poche affascina e colpisce, duemila anni dopo, il pubblico.
Il "Fegato di Piacenza"
Si tratta di una testimonianza eccezionale delle pratiche legate al culto per le quali gli Etruschi erano famosi, tanto che i servizi degli aruspici etruschi erano richiesti anche dai superstiziosi Romani. L'organo usato per la "epatoscopia" era di animale, solitamente di pecora, e veniva analizzato dopo il sacrificio della vittima nella convinzione che vi fosse una stretta connessione fra l'organo consultato e l'ordine cosmico.
Il "Fegato di Piacenza" venne ritrovato da un contadino nel suo campo in località Ciavernasco, nel comune di Gossolengo in provincia di Piacenza. È possibile che questo fegato avesse un'identica funzione votiva, ma non è da escludere che fosse usato come uno strumento "scientifico" o anche "didattico" per la consultazione delle viscere. La faccia superiore mostra infatti delle sporgenze più o meno pronunciate a imitazione del fegato animale, insieme a linee e nomi incisi. Ciascuno dei settori così delineati viene indicato con il nome di una divinità, sul modello del "tempio celeste", funzionale per l'interpretazione dei segni o dei prodigi.
Specchio in bronzo etrusco
L'oggetto viene datato tra il 475 e il 450 avanti Cristo, un reperto unico nel suo genere, che si potrà ammirare in tutta la sua bellezza. Si tratta di uno specchio in bronzo etrusco, risalente a 2500 anni fa: un piccolo capolavoro che testimonia la tipicità e il primato raggiunto dagli Etruschi nella produzione di questa categoria di oggetti.
La caratteristica che rende peculiari gli specchi etruschi rispetto a quelli circolanti nel Mediterraneo antico è il retro figurato. La parte posteriore veniva infatti solitamente ornata con i personaggi e le scene più indicate per l'occasione d'uso. L'ispirazione è solitamente tratta dal mito greco, con cui i proprietari etruschi dell'oggetto amavano sfoggiare la propria cultura. Nello specchio che si potrà ammirare al Centro Trevi/TreviLab, a essere rappresentati sono personaggi contrassegnati dai nomi etruschi di Turan, Elina, Ermania e Elachsantre, che corrispondono ai greci Afrodite, Elena, Hermione e Paride Alessandro, nell'antefatto che porterà a scatenare la lunga guerra di Troia. L'oggetto viene datato tra il 475 e il 450 avanti Cristo e presenta dimensioni contenute (22 centimetri circa di altezza e 16 di larghezza).
Anfora "nicostenica"
Un'inedita anfora "nicostenica" proveniente da Cerveteri, risalente a oltre 2500 anni fa. L'anfora è così detta perché la sua insolita forma con lungo collo appare firmata ("Nikosthenes epoiesen", "Nikosthenes fece") con il nome di una delle più raffinate botteghe di ceramisti ateniesi.
Ma cosa rende così particolare le anfore di questo tipo rispetto alle altre rinvenute in Etruria o in Grecia? È ben vero che un altissimo numero di vasi greci è restituito proprio dall'Italia, dove veniva importato in grandi quantità per una clientela raffinata che amava esibire la conoscenza della cultura e del mito greco.
In questo clima di contatti e di scambi, l'anfora nicostenica fornisce un esempio eclatante del fatto che, allora come oggi, a governare la produzione artistica e il suo mercato è la committenza, e in questo caso una committenza internazionale.
Nikosthenes era infatti a capo di una officina all'interno della quale venivano prodotte opere per una clientela medio-alta. Questa linea particolare di vasi, a giudicare dalla loro distribuzione, è stata unicamente prodotta per essere esportata in Etruria, mentre in Grecia risulta assente.
Forme particolari, ma soprattutto decorazioni coloratissime, come si osserva nelle figure che arricchiscono il meraviglioso vaso. Nell'Officina ateniese erano attivi vari artisti in qualità di pittori e decoratori, noti da altri importanti lavori, che si ispiravano a modelli comuni rielaborandoli secondo la propria sensibilità.
Ad affiancare l'anfora nicostenica è un'ansa attribuita alla stessa officina, decorata con l'immagine di un guerriero munito di lancia. Opere fondamentali per ricostruire i rapporti fra produzioni artigianali e artistiche e i valori promossi da quanti amavano circondarsene.